Banda del brigante Pietro Bianchi

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Catanzaro, fotografia all’albumina, 1870 ca.

Foto di: Domenico Scarpino

Tra i briganti calabresi particolarmente feroci e in grado di organizzare intorno a sè un gruppo che prende il nome proprio dal suo capo, Pietro Bianchi registrato all’anagrafe del Comune di Bianchi  il 31 marzo 1839 figlio di Domenico Bianchi, pastore e di Rosa Bianchi, filatrice.
Il brigante inizia la sua “carriera” dopo una disputa avvenuta nel 1856 fra lui ed un altro pastore, Domenico Stacco. Con i suoi accoliti Mancuso Rocco, Brusca Saverio, Caserta Santo, Brusca Santo, Villetti Pasquale, Muraca Bernardo, Pettinato Giacomo, Caserta Mario, imperversò nella zona di Bianchi, tra i pini della Regia Sila e nel crotonese.

 

Memoria e Territorio

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memoriaeterritorioLa fotografia per recuperare le opere e i giorni delle comunità

La mostra multimediale “Memoria e territorio” rientra nel novero delle attività del Gal Serre Calabresi Alta Locride finalizzate a mettere in risalto gli elementi di primario rilievo presenti sul territorio, per far riappropriare le comunità del valore delle vicende storiche dell’area.
Il territorio del Gal si estende sul versante ionico della Calabria e comprende 42 comuni fra le provincie di Catanzaro e di Reggio Calabria. Occorre operare con forza per far comprendere appieno – soprattutto agli abitanti di questo ambito – la realtà del mondo rurale, essendo consapevoli del percorso storico effettuato e dei valori dell’ambiente storico e del paesaggio.
Il Gal ha operato nell’ambito di attuazione del Piano di Sviluppo Locale “Terrae Nostrae” per portare in evidenza gli elementi emergenti e il loro ruolo nel contesto della valorizzazione del territorio. Grande attenzione è stata data alla documentazione dell’edilizia rurale di tradizione storica, degli impianti colturali, del sistema infrastrutturale delle aree rurali.

Calabria Contadina – 28 ottobre e 31 dicembre 2012

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calabriacontadinaGerard Rohlfs: la Calabria contadina nel Primo Novecento

La Calabria ha un debito di riconoscenza verso Gerhard Rohlfs, famoso glottologo tedesco, che fino a tardissima età, continuò a venire nella nostra regione, ridando dignità soprattutto al dialetto greco-calabro di Bova, da considerare, diceva, ‘monumento nazionale’.
Per oltre 60 anni ha visitato gli angoli più remoti della Calabria, armato di macchina fotografica e con montagne di schede raccolte in scatole per scarpe. Le ricerche dialettali, amava dire, si fanno “coi piedi” oltre che con la testa. L’etimologia dev’essere studiata in stretta relazione con gli oggetti, i manufatti, i fenomeni culturali. Eccolo perciò in Calabria ad assistere al parto di una giovenca, alla lavorazione del formaggio e della ginestra, alla vendemmia, all’antico gioco degli astragali (su cui pubblicò un magistrale studio).
Considerava la lingua strumento d’identità di un popolo, ‘bene culturale’ a tutti gli effetti. Ed in questa prospettiva Rohlfs rimosse, in particolare, il disprezzo che, per lungo tempo, aveva ghettizzato la comunità grecanica. Ma soprattutto, in un serrato confronto dialettico con gli studiosi contemporanei che lo avversavano, dimostrò la suggestiva ipotesi della continuità fra le parlate grecaniche dell’Aspromonte e del Salento con l’arrivo in Calabria dei primi colonizzatori greci.