La Fotografia come Salvadanaio di Emozioni Dante Maffia - Scrittore

Editoriali

La tentazione di riprendere un vecchio discorso, mai risolto completamente in un giudizio univoco, che voleva la fotografia appena come documento senza nessun merito d’arte, è forte, soprattutto ora che alle macchine fotografiche manca soltanto la parola. Sarebbe comunque un ritorno a disquisizioni estetiche con ricorsi a Croce, a Pareyson, a Eco e con riferimenti infiniti che, in questo caso, non ci servono. Partiamo dal fatto che la fotografia c’è e partiamo da queste immagini, tutte calabresi, che a “leggerle” con attenzione ci svelano un mucchio di segreti di quella microstoria a lungo sacrificata e addirittura nascosta per far rifulgere i generali e i regnanti. La fotografia non è uno scatto casuale del possessore di sofisticate o meno sofisticate macchine, ma scelta, momento magico o solenne, attimo che fugge, sintesi di vita, di esaltazione, di dolore, salvadanaio di emozioni, oltre che documento attraverso il quale si può ricostruire la storia di un’epoca. Un tempo la funzione del dagherrotipo era affidata ai racconti orali (si dipingeva, si fotografava con le parole) o alla pittura.