La Calabria com’era. Fotografia e fotografi tra ’800 e ’900 Antonio Panzarella - Docente Accademia di Belle Arti Roma

Editoriali

[…] La mostra La Calabria com’era, fotografia e fotografi tra ’800 e ’900, ci porterà per mano a conoscere la storia della Regione attraverso materiale inedito e raro, come eravamo noi, i nostri padri, i nostri paesi. Si vuole mostrare una Calabria com’era, raccontata come luogo di riflessione e di studio, ma anche come luogo in perenne trasformazione, per sguardi e percezioni che continuano. Nel suo insieme sarà uno sguardo sincero, forse parziale ma obiettivo, che non rinuncia tuttavia al rigore scientifico e alla ricerca di una possibile verità per immagini ma recupera anche la natura del “reportage” fotografico, in particolare per quella tradizione narrativa e speculativa, che è patrimonio acquisito della storia della fotografia. Davanti ai nostri occhi una Calabria vista da fotogra indigeni ed esterni alla Regione, che hanno fermato sulle loro lastre e negativi su pellicola aspetti decisivi della vita sociale, economica e culturale.

Come sarebbe il mondo (e il giornalismo) senza la fotografia? Giuseppe Soluri - Presidente Ordine dei Giornalisti della Calabria

Editoriali

Come sarebbe il mondo, specie quello del giornalismo, senza la fotografia? Sarebbe sicuramente più povero. Noi saremmo più poveri, privati di quegli sguardi, quei volti, quei luoghi che, proprio attraverso l’immagine, si raccontano e ci raccontano il nostro vivere quotidiano.È “grazie al lavoro dei fotografi”, ha scritto il collega Mario Calabresi, “al loro coraggio di contaminarsi e alla capacità di cogliere l’attimo della Storia, se ancora oggi, mezzo secolo dopo, ci commuove la lacrima di Jacqueline Kennedy al funerale di suo marito John.” “Il giornalista, e lo stesso vale per un fotografo” – è sempre Calabresi a scriverlo – “ha il dovere di vivere in mezzo alle formiche, di vedere il mondo dal loro punto di vista.”

La Memoria Storica della Nostra Identità nella Sede della Regione Mario Oliverio - Presidente Regione Calabria

Editoriali

Con la mostra La Calabria com’era dedicata alla fotogra a e ai fotogra tra l’800 e il ‘900 inizia un percorso di valorizzazione del nostro patrimonio culturale di cui la sede della Regione sarà l’epicentro. La Cittadella regionale è “la casa dei calabresi” e non si può pensare che questa “casa” sia priva di testimonianze della cultura di chi ci vive e lavora progettando il futuro. La di coltà del presente può fa perdere a volte la memoria dell’importante ruolo che questa terra ha avuto in passato, quando nel corso della storia è stata culla di progresso economico, tecnico e scientifico, di arte e civiltà. La Calabria ha avuto, ha oggi ed avrà, in ogni campo dello scibile, menti illuminate in grado di o rire al pensiero umano nuove visioni da esplorare. Perciò è importante che questa prestigiosa sede abbia uno spazio dedicato alla cultura, aperto a incontri, mostre, concerti, spettacoli, dove artisti, scienziati e persone di cultura possano trovarsi, confrontarsi, crescere.

La Calabria Com’era

Pubblicazioni

La fotografia per recuperare le radici della regione

Non deve stupire che un museo come la Galleria Nazionale di Palazzo Arnone, che ha dimostrato negli ultimi anni un’attenzione crescente verso i diversi aspetti dell’arte in Calabria, dal contemporaneo al moderno, dal medioevo al barocco, dalla pittura alla scultura e alle arti minori, decida di aprire con questa mostra anche alla fotografia, e alla sua particolare vicenda nella nostra regione.
Attorno al volgere del millennio, con l’affermarsi dalle nuove tecnologie di ripresa, abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione nella fotografia, tale da poterne inficiare persino il nome. Sì, perché a guardar bene l’avvento del digitale ha finito per cambiarne l’essenza stessa, la materia costitutiva della fotografia , che per esistere non ha più necessità di essere fermata su una lastra o su un foglio di carta sensibile.
Oramai il fotogramma digitale è pura immagine, può prescindere totalmente dall’esistenza di un supporto su cui essere sviluppata o stampata. La sua essenza è numerica, e la sua percezione è effimera, tanto quanto dura la sua apparizione su uno schermo.

Bambino con abito clericale

Foto Home

Arena (CZ) , fotografia alla gelatina d’argento – 1910 ca

Foto di: Domenico Cesarelli

Le foto del barone Domenico Cesarelli ci permettono una lettura minuziosa del passato. Era un uomo interessato vivamente agli aspetti della sua Arena. Eccolo muoversi nei salotti e nelle strade alla ricerca di immagini vive e frizzanti , spigliate e anticonformiste, al fine di mettere in evidenza il vero volto del paese. Fotografò tutto o quasi cercando di non tralasciare nulla; avvenimenti importanti e momenti della vita di tutti i giorni, la vita quotidiana del paese e della sua popolazione, le feste per lo più religiose, con gusto e una raffinatezza non usuali ai dilettanti fotografi.

 

Bibliografia: Arena, una volta – un paese della Calabria tra 800 e 900 a cura di Antonio Panzarella edizioni Italia due

Uomo in costume di Bova (RC)

Foto Home

Bova (RC) , fotografia alla gelatina d’argento – 1918 ca

Foto di: Gerhard Rolfhs

[…]Per Rohlfs la fotografia è stata l’altro linguaggio a supporto della comunicazione verbale. Fotografare per lo studioso tedesco significava andare oltre la parola, fermare un modo di vivere, cogliere il silenzio interiore, la verità di una condizione umana o, diciamo, addirittura il segno di un destino. Fotografare per Rohlfs significava concentrazione, disciplina e sensibilità, ma ancor di più disponibilità all’ascolto.           Infatti le sue fotografie posseggono una densità narrativa, che non è frutto occasionale, ma una scelta consapevole, un racconto puntuale e preciso.  La sua attenzione verso la luce e la disposizione dei soggetti, erano tenute in grande considerazione come un vero maestro dell’arte fotografica.[…]

 

Bibliografia: La Calabria contadina nelle immagini di Gerhard Rohlfs, a cura di Antonio Panzarella –  edizioni Scientifiche italiane

Donna in costume tipico arbëreshë di Caraffa

Foto Home

Caraffa (CZ) – foto all’albumina colorata a mano montata su cartoncino rigido, 1880

Foto di: fratelli Ajello

L’eleganza e l’originalità di quest’abito hanno incuriosito i viaggiatori italiani e stranieri giunti in Calabria tra la fine del secolo scorso e gli inizi del ‘900, raffigurandolo in artistiche e particolareggiate pose, tanto da simboleggiare spesso il costume distintivo dell’intera Regione. Col passare del tempo le fogge originali hanno subito le influenze delle popolazioni limitrofe, dando origine ad una nuova forma d’abbigliamento contraddistinto da un’armonica combinazione d’elementi, che in parte mantengono la stessa denominazione dell’antico costume albanese.

Molto caratteristico ed unico nel suo genere il piccolo copricapo (keza), riservato alle donne maritate a forma di bustina rettangolare con le punte anteriori e posteriori rialzate. La lunga camicia di lino bianco (linja), di taglio dritto, dalle maniche amplissime era arricchita da caratteristici ricami geometrici.

L’abito di mezza festa o della Domenica, meno decorato di quello della sposa, era indossato anche per le feste di fidanzamento (Kusqia). L’abito giornaliero o da lavoro ricavato con materiale più grezzo, dai colori più sobri e dalle decorazioni limitate, si rifà all’abbigliamento dei paesi vicini, a quello della “Pacchiana” calabrese.