Memoria e arte sono due tra gli elementi fondanti della conoscenza di una civiltà. Conservare la memoria di quello che siamo stati e farlo tramite la creazione artistica significa agire secondo i migliori canoni culturali che l’uomo nella sua storia ha saputo produrre. Le immagini fotografiche della Calabria dei secoli scorsi ci consentono di comprendere il passato e di riviverlo vicino ai suoi protagonisti, entrando nelle case del mondo di una volta e muoverci su quelle vie, frequentare quei luoghi. Volti, spazi, abiti, usi e abitudini si affacciano dalle foto antiche per riempirci la vista di una storia che ci appartiene tutta e per darci un segno visibile di quelle radici che hanno generato, nei suoi aspetti positivi come in quelli negativi, la Calabria di oggi. Fotografie che mostrano vite intense di donne e uomini nei momenti della fatica e della festa, vite di gente umile e di esponenti della nobiltà, di possidenti e di povera gente, di padroni e di contadini.
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Fotografie e Vecchie Memorie Roberto Spadea - Archeologo
Editoriali[…] La raccolta del materiale che costituisce il patrimonio della Fondazione Panzarella (non sto qui ad enumerare personaggi, studi e laboratori, che con pazienza certosina, acume ed acribia Panzarella ha censito e recuperato) è valsa a comporre un archivio-deposito di lastre e negativi, come per l’archeologo è quello dei cocci, esito delle stratigrafie dello scavo. Mutuando le linee basilari della ricerca Antonio Panzarella si è mosso da archeologo, iniziando con le ricognizioni, la raccolta, la sistemazione e lo studio. Il dato nuovo che si può inferire dalla fotografia è che essa stessa è documento “archeologico” e parte integrante del processo di scavo. La fotografia documenta lo scavo nel suo progredire e nei ritrovamenti che caratterizzano la stratigrafia con le sue U(nità) S(tratigrafiche). Essa è lo specchio fedele del cantiere di scavo e progredisce con esso. Attraverso la presa fotografica, inoltre, c’è la possibilità della riproduzione (immediata e susseguente: dal restauro, allo studio e alla pubblicazione di un oggetto, di un monumento o di un complesso), ma c’è pure e sempre la soggettività determinata dalla scelta del campo, dalla distanza, dall’angolazione, dall’altezza, oltre ad altri dettagli di non poco conto, quali la capacità di messa a fuoco, la qualità dell’ottica, etc.
Quando la Fotografia Sorprende la Realtà Cesare Pitto - Antropologo
EditorialiIl lungo percorso per la concretizzazione di un archivio storico-fotografico della Calabria è stato perlustrato da numerosi studiosi della regione e, tuttavia, è stato sempre regolarmente trascurato, oppure è stato considerato un episodio minore, seppur apprezzabile, per le politiche culturali regionali. A questa pluriennale mancanza di attenzione ha finalmente rimediato la Fondazione Archivio Storico Fotografico della Calabria, con l’organizzazione di un fondo che raccoglie tutti i prodotti ancora reperibili di questo prezioso patrimonio. Questa struttura abbisogna anche di una sede adeguata, nella quale possa essere collocata la raccolta di questo ambito storico e tecnico, che costituisce un elemento insostituibile per conoscere gli usi e i costumi di un’epoca e mettere a fuoco la ricerca sulla memoria del Mezzogiorno, oltre che della Calabria. Come ha puntualizzato Lorenzo Scaramella nella nota di presentazione della mostra La luce dell’ombra, per la prima volta realizzata a Roma presso la British School nel periodo fra il 21 febbraio e l’8 marzo 2007: La nascita della fotografia non fu affatto una sorpresa, dal punto di vista storico. Essa fu una logica conseguenza dell’evoluzione illuministica e del porsi della borghesia a classe dominante, fenomeno caratterizzante la fine del Settecento e, fondamentalmente, tutto l’Ottocento.
Lo Studio Fotografico “Il Genio”, fondato nel 1877 a Serra San Bruno Domenico Pisani - Storico dell’Arte
EditorialiNel 1877 Giuseppe Maria Pisani (Serra San Bruno, 1851-1923) e Luciano Cordiano (Serra San Bruno, 1851-1915) aprirono uno studio fotografico denominato Il Genio dando vita ad un sodalizio tecnico-artistico per il quale possono essere considerati tra i pionieri della fotografia in Calabria. I due fotografi avevano una formazione diversa: Luciano Cordiano, chimico professionista, aveva studiato farmacia dopo un apprendistato nella bottega del padre Michele, uno speziale proveniente da Casalnuovo, mentre Giuseppe Maria Pisani, iscritto nel 1871 all’Accademia di Belle Arti di Napoli, studiò pittura ed ebbe come maestro Domenico Morelli. Nel 1874 conobbe Mariano Fortuny e la sua pittura risentì delle riflessioni sulle opere dello spagnolo incline agli effetti corposi di materia pittorica nell’impasto cromatico degli incarnati. Negli anni Ottanta, gli anni più vitali del dibattito sul realismo, la sua tecnica divenne più raffinata e continuò a dipingere a Napoli nell’orbita dei seguaci del Morelli.
Considerazioni intorno ad alcune Fotografie di Carmelo Zimatore e Diego Antonio Grillo Mario Panarello - Storico dell’Arte
EditorialiCarmelo Zimatore (1850-1933) e il giovane nipote Diego Antonio Grillo (1878-1963) di Pizzo svolsero una considerevole attività di pittori e decoratori che, fra Otto e Novecento, trova pochi riscontri analoghi in Calabria. Le grandi imprese decorative per la chiesa della Certosa, la Cattedrale di Squillace, il santuario dei Santi Cosma e Damiano a Riace, solo per citare alcuni interventi a carattere religioso, sono documentabili attraverso una serie di elaborazioni grafiche e di bozzetti di grande importanza, e non bisogna trascurare che per la loro realizzazione ebbe soprattutto un ruolo cardine l’utilizzo della fotografia. Tale tecnica, già impiegata da Zimatore per lo studio di particolari soluzioni decorative e forse sviluppata in occasione del suo perfezionamento fiorentino, venne in modo programmatico usata per l’elaborazione di diversi cicli figurativi da Diego Antonio. Questi deve aver perfezionato l’utilizzo dello strumento presso la Reale Accademia di Belle Arti di Napoli, dove studiò fra il 1895 ed il 1900, seguendo i corsi di alcuni fra i più importanti docenti, fra i quali Domenico Morelli e Filippo Palizzi.
La Conservazione della Fotografia in Italia. Cenni Storici e Considerazioni Alessandra Morelli - Restauratore di Beni Culturali Vice Presidente dell’Associazione Restauratori Senza Frontiere Italia
EditorialiLa conservazione della fotografia è argomento recente in Italia, se ne inizia a parlare solo a metà degli anni ’80 del secolo scorso, il tema era stato affrontato qualche decennio prima negli Stati Uniti d’America e in Francia. È la regione Emilia Romagna che per prima nel 1986 recepisce la metodologia di restauro dagli istituti francesi Centre de Recherche sur la Conservation des Documents Graphiques (CRCDG), dal Service de Reprographie au Centre de Documentation du CNRS, e l’Atelier de Restauration de Photographies de la Ville de Paris. Tale approccio metodologico, affiancato al know-how tutto italiano della teoria brandiana il cui elevato profilo tecnico-scientifico affronta già da cinquant’anni all’interno dell’ICR – Istituto Centrale del Restauro di Roma le problematiche di conservazione dei beni culturali, viene divulgato in primis da questa regione, che ne esprime l’interesse scientifico organizzando corsi universitari, seminari e workshop privati.
A Region Veduta Antonio Minasi - Giornalista
EditorialiÈ stata una stagione “magica” quella della Terza Rete RAI – come allora si chiamava – in Calabria. Nella prima metà degli anni Ottanta divenne protagonista sugli schermi televisivi regionali la realtà calabrese, quella del presente, ma anche occasione preziosa da cogliere, quella del passato. Un “come eravamo” non facilmente e semplicemente romantico, ma la necessità di ricomporre un quadro di riferimento che il fluire dell’immagine televisiva per quanto effimera nel suo momento di proposizione, diventava deposito di memoria per il futuro. Bisogno di raccogliere e conservare tracce di vita che altrimenti rischiavano di andare disperse e che invece il mezzo televisivo avrebbe consentito di raccogliere in un deposito duraturo. Una prospettiva che maturò e si consolidò anche nell’incontro con Antonio Panzarella che, in più occasioni, venne a propormi – ero responsabile della programmazione regionale della RAI – la realizzazione di trasmissioni dedicate ai fotografi della prima metà del Novecento della cui produzione era entrato in possesso, non soltanto delle fotografie ma, in molti casi, dell’armamentario relativo: lastre, macchine fotografiche, apparati di ripresa.
Il Barone Ferdinando Vercillo e la Fotografia a Metà Ottocento Amedeo Miceli di Serradileo - Storico
EditorialiIl nome di Ferdinando Vercillo è ben noto agli storici della fotografia italiana. Venne chiamato Fiorentino anziché Ferdinando, e alcuni credevano ch’egli fosse siciliano, di Trapani – probabilmente perché è lì che compaiono alcune sue fotografie – invece era calabrese, di nobile e illustre famiglia. Nacque a San Vincenzo La Costa (Cosenza) l’ex feudo di famiglia il 10 maggio 1825 figlio del barone Luigi e di Isabella de Nobili dei baroni di Magliacane, da Catanzaro. Venne battezzato nella parrocchia di San Vincenzo il 30 maggio 1825, ed ebbe come madrina sua zia Maria Teresa de Nobili poi sposata al barone Raffaele Poerio da Catanzaro. Egli fu tra i primi fotografi del Sud che, nella metà dell’Ottocento, si dedicarono unicamente ai ritratti adoperando il negativo di carta, tecnica che invece veniva usata prevalentemente per le vedute panoramiche. Le sue prime fotografie appaiono verso il 1856 e sembra ch’egli usasse una macchina fotografica per dagherrotipi.
Ascoltate, la Fotografia Racconta Coriolano Martirano - Giornalista e Scrittore
EditorialiAppesa su una parete del salotto di casa, da oltre un secolo, c’è una foto di un mio lontano parente. Non so, ne ho mai chiesto chi sia stato a metterla lì e raccomandato di conservarla per i posteri. Conosco bene, però, la storia che quella foto racconta. È una storia inquietante, piena di intrighi, di sorprusi e di spargimento di sangue, ma anche ricca di valori e di doveri. Ascoltate. La seconda metà dell’Ottocento mentre si afferma con l’avvenuta unificazione d’Italia ratificata dall’unanime voto del Parlamento, segna l’inizio di quella che sarà una delle pagine più oscure della storia meridionale in generale e della Calabria in particolare. Il crollo del Regno delle Due Sicilie in termini conseguenziali segna la fine e quindi lo sbandamento di quello che con onore e con gloria è stato uno degli eserciti più numerosi e più efficienti del bacino mediterraneo. L’esercito formato non con l’obbligo della chiamata ma con le regole mercenarie è stata la meta e la ragione di una occupazione lavorativa. Scioltosi subisce lo sbandamento. E da qui l’affannosa ricerca di un posto di lavoro. Può sembrare strano ma è questo l’inizio di quel fenomeno triste che è il brigantaggio.
La Fotografia come Salvadanaio di Emozioni Dante Maffia - Scrittore
EditorialiLa tentazione di riprendere un vecchio discorso, mai risolto completamente in un giudizio univoco, che voleva la fotografia appena come documento senza nessun merito d’arte, è forte, soprattutto ora che alle macchine fotografiche manca soltanto la parola. Sarebbe comunque un ritorno a disquisizioni estetiche con ricorsi a Croce, a Pareyson, a Eco e con riferimenti infiniti che, in questo caso, non ci servono. Partiamo dal fatto che la fotografia c’è e partiamo da queste immagini, tutte calabresi, che a “leggerle” con attenzione ci svelano un mucchio di segreti di quella microstoria a lungo sacrificata e addirittura nascosta per far rifulgere i generali e i regnanti. La fotografia non è uno scatto casuale del possessore di sofisticate o meno sofisticate macchine, ma scelta, momento magico o solenne, attimo che fugge, sintesi di vita, di esaltazione, di dolore, salvadanaio di emozioni, oltre che documento attraverso il quale si può ricostruire la storia di un’epoca. Un tempo la funzione del dagherrotipo era affidata ai racconti orali (si dipingeva, si fotografava con le parole) o alla pittura.