L’immagine è cammino tra i luoghi del ricordare Pierfranco Bruni - Scrittore

Editoriali

Il mondo contadino non è soltanto una dimensione di un mondo perduto che rivive l’immaginario e nell’immaginario. È anche un linguaggio, una etnia nel vissuto tra letteratura e riscoperta della dimensione della memoria in una Calabria le cui radici sono impastate tra la terra e il mare. Dall’indifferenza alla nostalgia. Tra i segni e le memorie il tracciato è un lungo ricordo in una antropologia che è letteratura di una geografia dell’essere e del tempo. Etnos-popolo. Tra etnie e luoghi. Ci sono processi culturali, attraversando le immagini nella fotografia o la fotografia fissa nell’immagine, che si prestano ad una chiave di lettura in cui il valore antropologico e la “misura” etno-linguistica offrono delle interpretazioni che hanno delle caratteristiche che penetrano il senso mitico simbolico delle civiltà. Il mito e il simbolo sono dominanti di un percorso certamente etnico che scava all’interno di quelle dimensioni che si prestano ad un riscontro letterario.

La fotografia è una lingua. La letteratura ha, chiaramente, modelli grazie ai quali è possibile sostenere un rapporto sempre più nevralgico tra la parola (meglio sarebbe dire codice delle parole) e i fattori che riguardano più direttamente il sentimento della tradizione. Infatti, l’incastro antropologico che si vive nella letteratura, è un vissuto completamente dentro la storia delle comunità, le quali sono comunque espressioni di civiltà. Quando si parla di modelli etnico-linguistici è necessario ridefinire il senso e il tempo della loro presenza sul territorio ed è proprio la letteratura, grazie a scrittori e viaggiatori che vi hanno sostato o hanno penetrato l’anima del popolo attraverso uno scavo psicologico ed esistenziale del luogo, che ha gli strumenti per indagare nella stratigrafia di quella coscienza comunitaria dalla quale il sentimento della consapevolezza diventa realtà identitaria pur in una visione in cui il concetto di diversità resta fondamentale. L’indifferenza nei confronti della diversità dei popoli è una sovrastruttura che non ci allontana dal problema reale perché in fondo è proprio da questa che il rapporto parola-tradizione non assume uno spessore dissolvente ma ci mette a contatto non tanto o non solo con le eredità ma soprattutto con la nostalgia. Nel mondo contadino è radicato il tempo della nostalgia. Così proprio come in questa ricerca-mostra. Il passaggio dalla indifferenza alla nostalgia non è soltanto un fenomeno culturale. È piuttosto un attraversamento non solo di valori ma di raggiungimento di quell’ordine sancito dai sentimenti che portano a capire le matrici dell’appartenenza. E se si volesse ancora insistere su questo dato non si potrebbe che aggiungere che il passaggio dalla indifferenza alla nostalgia è sancito proprio da una metafora indissolubile che è quella del mito-simbolo. Nella letteratura il tracciato della metafora del viaggio è costantemente legato ad alcuni elementi principali: quello della terra, ovvero del riferimento ad una terra, quello del sentimento dello straniero, quello del vivere continuamente come se si aspettasse sempre un ritorno.